La degustazione: ossidazione e riduzione

Le cause e come riconoscerli

 

Accorgersi di un vino ossidato è molto più semplice di quanto pensiamo. Alla vista si presenta con un colore scuro, tendente all’ambra e poco brillante, piatto nei profumi, con un sapore di frutta cotta e privo di persistenza. In genere è sufficiente osservarlo appena lo versiamo nel bicchiere, ma se l’ossidazione è appena cominciata, il difetto potrebbe non essere così lampante alla vista. A volte poi potremmo ritrovarci di fronte ad un vino ottenuto da uve surmature, oppure che ha subito un passaggio in botte.

 

Se non conoscete il vino che avete scelto o se siete in dubbio e non sapete se è effettivamente ossidato oppure prodotto con stile ossidativo, non rimane che assaggiarlo: un vino ossidato, anche solo leggermente, non è mai buono

I vini ossidati hanno un sapore dolciastro e leggermente amarognolo - possono ricordare un po’ alcuni vini liquorosi, come il Madeira - oltre a mancare completamente di acidità.

Sappiamo bene che l’acidità è una delle condizioni essenziali perché un vino possa conservarsi nel tempo: un vino privo di freschezza, specie un bianco, è un vino destinato a non essere più bevuto.

 

Le alterazioni e i difetti ossidativi possono essere riscontrati anche nei vini rossi: in questo caso il vino si presenterà con un colore che vira al marrone e avrà lo stesso profumo e gusto “cotto” e piatto manifestato nei bianchi alterati.

 

Se a volte il sentore “di tappo” può trarci in inganno, un vino ossidato è chiaramente un vino da rispedire al mittente.

 

Perché accade? In genere la colpa è da attribuire a una cattiva conservazione della bottiglia, un’esposizione prolungata a fonti di calore o di luce oppure, semplicemente, nel fatto che il vino sia vecchio (e non invecchiato!).

Per conservare al meglio il vino, i tappi sono elementi assolutamente fondamentali.

Se la chiusura non è ermetica, oppure il tappo in sughero non è perfettamente integro, il vino tenderà ad evaporare. Evaporando, il liquido lascia spazio all’ossigeno che, infiltrandosi nella bottiglia, da inizio all’ossidazione del vino stesso.

Una volta che l’ossidazione inizia, il processo è assolutamente irreversibile e il vino oramai potrà solo finire nel nostro lavandino.

 

Diventa quindi di fondamentale importanza la corretta conservazione del vino. Ne abbiamo parlato in un articolo dedicato, spiegando anche come preservare i vini dall’ossidazione tenendo conto di diversi fattori, quali: umidità, temperatura, inclinazione della bottiglia, luce, vibrazioni e odori.

 

Il difetto di ridotto

 

Se nell’ossidazione il problema va ricercato nell’eccessiva ossigenazione, il fenomeno contrario, quello cioè derivato da una scarsa ossigenazione, produce invece un vino ridotto.

Un vino ridotto si riconosce dall’odore di chiuso o di brodo vegetale, fino addirittura al puzzo di uova marce.

Questo difetto può manifestarsi in qualsiasi fase della vinificazione, anche dopo l’imbottigliamento, e la causa è di origine fermentativa.

 

Come comportarsi in caso di vino ridotto?

 

La decantazione ha un ruolo benefico, in quanto ha il potere di ravvivare un vino che ha trascorso vari anni chiuso in una bottiglia di vetro.

Nel caso dei vini giovani l’ossigenazione accelera l’evoluzione degli aromi e li rivela. Nei vini giunti a maturità l’arieggiamento cancella le note di riduzione che potrebbero, altrimenti, manifestarsi all’inizio della degustazione.

 

Per rendersene conto basta provare ad assaggiare un vino a più riprese: appena stappato il vino può emanare sentori di chiuso, note animali o affumicate, dopo qualche minuto, tuttavia, questi aromi saranno scomparsi dal bicchiere La decantazione preliminare consente di passare direttamente alla seconda fase.

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