Ti presento inFermento, l'ancestrale che parla di noi

Nasce con la vendemmia 2020 e non poteva forse arrivare in un momento migliore: il fermento del vino all’interno della bottiglia è lo stesso che sentiamo dentro di noi.

Ci abbiamo creduto e l'abbiamo fatto. Imbottigliato a novembre e atteso fino ad aprile per il primo assaggio, una magia!

La bollicina fine e delicata, un naturale movimento che racconta in ogni bottiglia una storia diversa. La magia è proprio questa, stappare per scoprire in ogni bottiglia una nuova sfumatura. 

 

La particolarità di inFermento sta nel metodo di vinificazione che attinge ai principi della più antica pratica di "spumantizzazione", il metodo ancestrale per l’appunto, spesso erroneamente chiamato “rifermentato”, trattandosi di due tecniche di vinificazione profondamente diverse. 

 

Differenze tra metodo ancestrale e rifermentato in bottiglia

Il metodo ancestrale si basa su un’unica fermentazione, che inizia in un contenitore - acciaio, cemento o legno che sia - e poi finisce in bottiglia. 

Quando ancora la fermentazione non è conclusa, il mosto/vino viene imbottigliato, tappato con tappo a corona, per poi completare la fermentazione in bottiglia e diventare frizzante. 
In parole povere, il vino è imbottigliato quando ancora non tutti gli zuccheri sono esauriti, così l’anidride carbonica, prodotta dalla fine della fermentazione, rimane intrappolata nella bottiglia, rendendo il vino frizzante. Nel corso di questo processo, la pressione aumenta e la scelta del tappo a corona si sposa proprio con questo dettaglio: è particolarmente resistente alla pressione e quindi garantisce che il processo di fermentazione possa fare il suo corso, grazie alla sua ermeticità. 

I vini rimangono poi rimangono “sur-lie”, ovvero sui propri lieviti, e si presentano torbidi nel calice; non viene infatti effettuata la sboccatura, tecnica che porta poi alla produzione di metodo classico o champenoise (champagne).

 

 Nel rifermentato, ed è la parola stessa a dirlo, i vini concludono la fermentazione nel primo contenitore, diventando quindi un vino fermo, per poi rifermentare in bottiglia. La seconda fermentazione viene indotta grazie all’aggiunta di zucchero e lieviti estranei all’uva di partenza, ad esempio attraverso nuovo mosto, mosto concentrato o vino ancora in fermentazione.

 

L’ancestrale conserva dunque in sé una spinta che proviene dall’interno, una vivacità tutta naturale, un carattere fortemente unicoIn questa particolare tipologia di vinificazione, parte dei lieviti rimane sul fondo della bottigliaagitandola si mescolano al vino esaltando la particolare combinazione tra le uve ed i residui di lievito; al contrario dai la possibilità a questi due elementi di contaminarsi in modo diverso ogni volta che fai un sorso, assaporando sfumature differenti dalla stessa bottiglia.

 

Il metodo ancestrale è qualcosa che appartiene profondamente alla tradizione, alle nostre radici, all’artigianalità del fare vino: ci porta a riscoprire modi antichi di vinificare, che oggi possiamo ovviamente rivisitare grazie all’innovazione tecnologica che interessa il nostro mondo.

 

Erano ormai diversi anni che provavamo con varie tecniche di spumantizzazione, però non riuscivamo a trovare la via giusta. Finché non abbiamo incontrato sulla nostra strada una vecchia vigna, una di quelle dove non si sa bene quali siano le uve piantate ed è impossibile definire le percentuali precise delle varietà presenti.

Tanti anni fa si piantava senza operare una netta distinzione tra i diversi vitigni e se oggi i vini monovarietali sono considerati la normalità, in passato i contadini che possedevano dei vigneti erano soliti coltivare nello stesso terreno diverse varietà di uva, in maniera promiscua, e addirittura venivano vinificate uve a bacca bianca ed a bacca rossa insieme. InFermento è Verdicchio, ma anche Trebbiano e Malvasia; c'è il Montepulciano ed anche il Sangiovese. 

 

 

 

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